Inzaghi la considera una sconfitta: «Volevo i tre punti, li meritavamo»

 – Bella, a tratti travolgente ma poco cattiva. Anche troppo. Non si dà pace Inzaghi per come è andato il derby. La sensazione è che vorrebbe esplodere e dire tutto quello che gli passa per la testa perché un derby così dominato con quattro pali e diverse occasioni da rete, a suo parere, non lo ricorda, ma si contiene Simone, respira a lungo e va avanti.

Sin dall’inizio, in campo aveva visto tutto quello che, lui e i suoi giocatori, avevano preparato durante la settimana: pressing, palleggio, un pizzico di sfrontatezza e ripartire veloci. Tutto funzionava bene, nemmeno il rigore di Kolarov o i pali di Correa e Immobile, gli avevano tolto le sue certezze. In un modo o in un altro i tre punti arriveranno, avrà pensato durante la gara. Talmente sicuro che ha pensato di  mettere dentro Jony, facendo una squadra ancora più sbilanciata. Invece, niente. Alla fine è rimasto con un punto in mano che, per chi lo conosce bene, soprattutto per come è andata la partita, è ben poca cosa. Cerca di non darlo a vedere, provando a parlare dell’autostima, della grande prestazione di squadra, ma dentro è distrutto perché Inzaghi voleva vincere.

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IL DISPIACERE – «C’è amarezza, e tanta anche perché quando si crea così tanto durante una partita, si deve vincere», le prime parole del tecnico biancoceleste che mastica amaro. «Dispiace perché quattro pali in un derby io non li ricordo, siamo stati poco cattivi. Sulla prestazione poco da dire, ma se ci aggiungo quella di Genova con la Samp, quando fai due partite così, devi stare in testa alla classifica. Questo è quello che penso. Non sono felice per niente, di solito si dice che se non vinci, meglio prendere il pareggio, no io non lo dico, volevo i tre punti perché ce li meritavamo e nessuno può dire il contrario». Sorride a stento, si agita un po’ sulla sedia, Inzaghi, segno che è consapevole di avere una squadra forte, ma allo stesso tempo, ancora un po’ nervoso e dispiaciuto perché non ha raccolto l’intera posta in palio. E’ sempre meglio non perdere il derby, a maggior ragione se capita alla seconda giornata e prima di una sosta, ma stavolta, più di altre, sentiva di averlo in mano. Normale che gli bruci parecchio e non lo nasconde.

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SOSTITUZIONE DISCUSSA  – Il nervosismo di Inzaghi aumenta, quando qualcuno gli chiede della sostituzione di Milinkovic, ai più incomprensibile, visto il solito apporto del serbo in mezzo, con qualche equilibrio saltato un po’ quando è uscito. Perfino Lotito, subito inquadrato dalle telecamere, sembra non aver gradito la scelta. Ma Inzaghi non ci sta, saltella sulla sua sedia e anche qui non si nasconde affatto. «E’ stato un cambio tecnico-tattico, avrebbe potuto fare meglio», dice subito, poi riprende il respiro e va fino in fondo, motivando e difendendo la sua decisione: «Parolo è entrato al suo posto e ha preso una traversa, siamo in tanti e la squadra lo sa, con Sergej, poi, ci siamo salutati senza problemi».

 

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 Cambia discorso e ritorna subito sulla gara, puntando il dito sul rigore, soprattutto sulle nuove regole e affonda ancora, un po’ anche sul serbo: «Sto vedendo che ne stanno assegnando tanti di rigori di questo tipo, a mio modo di vedere è stato cercato. Noi dobbiamo essere più attenti e dobbiamo sapere che non possiamo tenere le braccia in alto perché ci possono essere giocatori di livello che cercano rigori e alla fine riescono a trovarli».Anche questa frecciatina è l’ennesimo segnale che il derby a Inzaghi non è andato proprio giù.

FONTE  IL MESSAGGERO – MAGLIOCCHETTI

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Il pari per Fonseca: “Un inno al calcio”. Kolarov per la Sud

 – Un altro pareggio per la Roma di Fonseca, bloccata sull’1-1 dalla Lazio dopo essere andata in vantaggio con Kolarov su rigore. Ed è stato il secondo gol nel derby con la maglia giallorossa per il difensore, dopo quello del 29 settembre 2018. A una settimana dal 3-3 nell’esordio stagionale con il Genoa, i romanisti tornano a casa con un altro punto, dando la sensazione di essere ancora un cantiere apertissimo nel quale inserire, e in fretta, i nuovi. «Ci si aspetta tutto e subito, ma ricordiamoci che questa squadra è cambiata tanto, abbiamo fatto una vera rivoluzione — la difesa di Gianluca Petrachi —

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 Abbiamo dato via 15 giocatori e ne abbiamo presi 8, con una allenatore giovane con una mentalità offensiva che si sta adattando al calcio italiano». Mentalità confermata dalle dichiarazioni post-derby di Fonseca, entusiasta delle tante occasioni create dalle due squadre. «Per chi piace il calcio, questa è stata una partita straordinaria— il commento del portoghese —

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 Un privilegio parteciparvi e uno spettacolo per i tifosi. Ho ripensato la squadra con Kluivert, dopo l’infortunio di Zappacosta, ma i problemi li abbiamo avuti soprattutto a sinistra. Le mie emozioni? Ambiente favoloso, ed è stato un inno al calcio per chi ama questo sport». Prosegue la maledizione del terzino destro: a un passo dall’esordio dal primo minuto, si è infortunato Davide Zappacosta: scelto da Fonseca al posto di Alessandro Florenzi, da spostare in attacco per dare maggior equilibrio in fase difensiva, l’ex
Chelsea ha accusato un problema al polpaccio durante il riscaldamento. Dopo lo stop di Perotti(stop di 2 mesi), è il secondo infortunio muscolare in pochi giorni (il terzo con quello di Spinazzola).

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Ora ci sarà la sosta del campionato, tempo utile per l’inserimento dei nuovi che non saranno convocati in nazionale. Su tutti Chris Smalling, il cui apporto alla squadra, visti i tanti errori difensivi, sarà fondamentale. Il giocatore inglese era ieri in panchina e ha cominciato a prendere confidenza con il nuovo spogliatoio e con l’Olimpico, guardando da vicino il modo di giocare della Roma. «Chris ha esperienza, è veloce e aggressivo», l’elogio di Fonseca, che non vede l’ora di poterlo inserire in mezzo alla difesa. Sfrutterà queste 2 settimane anche Diawara, altro nuovo che ha bisogno di lavorare tanto con il nuovo mister. Terminerà intanto oggi il calciomercato, con Petrachi a ribadire il proprio disappunto per la lunghezza dei tempi della finestra in Italia. «Trovo assurdo che da noi si parli ancora di mercato alla seconda giornata — le parole del ds giallorosso — Le regole le fa chi non ha mai giocato a calcio, non capiscono l’ansia di un calciatore che si deve trasferire in un altro club. Mi auguro si possano cambiare le regole». Andrà in prestito, con diritto di riscatto, al Lipsia, Schick (Kalinic lo sostituirà), mentre, sul fronte esterno d’attacco, non sembrano esserci più i margini per prendere il brasiliano Vital.

FONTE    REPUBBLICA – FERRAZZA

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Parla sette lingue, canta Al Bano e ha un record di 32 assist: ecco Mkhitaryan, la sorpresa di Petrachi

Il trequartista ha scelto la Roma per ritrovare l’entusiasmo dopo l’avventura l’Inghilterra: da piccolo ha fatto un “patto” col padre ex attaccante e se non fosse stato un calciatore sarebbe stato un avvocato. I social? Instagram l’ha fatto tre anni fa…

“Quando sei triste, non puoi essere fortunato. È qualcosa che ho imparato dalla cultura brasiliana. Quando sei felice, sul campo succedono cose belle”. Forse è tutta qui la scelta di Henrikh Mkhitaryan. L’atmosfera di Londra e i pochi minuti all’Arsenal hanno fatto il resto: Petrachi ha condotto in gran segreto la trattativa e ora l’armeno sarà il vero rinforzo della Roma per la trequarti. I tifosi fanno fatica a crederci, convinti però che possa essere l’acquisto in grado di permettere il salto di qualità alla manovra offensiva della Roma.

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MILLE CULTUREDal Brasile ha portato via la voglia di divertirsi in campo: quando era piccolo dall’Armenia è partito con altri giovani calciatori per un camp col San Paolo di quattro mesi: li ha trascorsi in camera con l’ex Lazio e Juve Hernanes e chissà che non lo abbia sentito prima di dare l’ok al trasferimento. La passione per il calcio è tutta frutto del papà-idolo Hamlet, uno dei più grandi attaccanti dello scorso secolo. A 33 anni muore per un tumore al cervello e quello stesso giorno un piccolissimo Henrikh decide che avrebbe fatto il calciatore e avrebbe reso orgoglioso il papà. E come far felice un attaccante se non facendo più assist possibili? Quello sarebbe diventato l’obiettivo di una carriera intera.
L’infanzia in Francia, l’Armenia, il Brasile, ma non solo: quando si trasferisce a Donetsk impara anche l’ucraino e un po’ di russo, che aggiunge al personalissimo bagaglio. Lo raccontano come uno che ama stare lontano dai riflettori (di Ibrahimovic ai tempi dello United disse: “Gli piace ritenersi il Dio dell’Old Trafford, ma non lo è”) e dall’idolo Kakà ha preso anche la riservatezza oltre che alla capacità di far sembrare facile ciò che non lo è sul campo.

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RECORD – A Donetsk esplode e nel 2013 allo Shakhtar segna 25 gol ai quali aggiunge nove assist: il Borussia Dortmund lo nota e lo porta in Germania, dove entra in contatto con un’altra realtà e… impara un’altra lingua. Con Klopp per due anni le cose vanno a corrente alternata (benino il primo anno, malissimo il secondo in cui rischiano la retrocessione) ma è con Tuchel che rinasce e stabilisce un record: nel 2015-2016 segna sì 23 gol, ma soprattutto offre trentadue assist. Un’enormità. Ma anche un segnale di quanto sia un giocatore perfetto in un contesto che funziona, non un leader in grado di prendere in mano la squadra nei momenti di difficoltà, come successo anche allo United soprattutto nel primo anno di Mourinho. All’Arsenal non è andata molto meglio e la scelta di Roma va letta proprio in questo senso: è un giocatore umorale che ha bisogno di sentirsi protagonista per rendere al meglio.

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AL BANO Dalla mamma ha ereditato la resilienza: “Ma mi danno i calci in campo”, le raccontava quando da ragazzo iniziava ad avere qualcosa in più degli altri. “No, devi essere sempre educato” era la risposta, come ha raccontato in una bellissima lettera su “The Players’ Tribune”. Sui social è arrivato molto in ritardo: il primo post su Instagram è datato luglio 2016. Un po’ in controtendenza rispetto ai calciatori dei nostri anni. È ambasciatore dell’Unicef e in estate si è sposato a Venezia con la compagna Betty (figlia dell’uomo d’affari Mikayel Vardanyan) nell’incantevole cornice di San Lazzaro degli Armeni. Non una scelta casuale, visto che si tratta della casa madre dell’ordine dei Mekhitaristi e uno dei primi centri al mondo di cultura armena. Alla cerimonia c’era un’ospite d’onore, Al Bano: insieme hanno cantato “Volare” di Domenico Modugno. Volare, che ora a Roma per Mkhitaryan è diventato un augurio.

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Biancocelesti completi, Roma indecifrabile

Il pari non cambia i giudizi sulle due squadre: ai giallorossi servono gli esterni

Il derby conferma quanto tutti sapevano, a cominciare da Lazio e Roma: la squadra di Inzaghi è completa, i giallorossi no, scrive Stefano Agresti su Il Corriere della Sera. E il fatto che sia finito in parità non cambia i giudizi di nessuno, né del club biancoceleste e né dei rivali, i quali non a caso stanno cercando in queste ultime affannose ore di mercato di completare l’organico.

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Il mercato della Roma, del resto, per ora non si vede. Nell’emergenza – e anche a causa della sciagurata partita di Juan Jesus contro il Genoa – in campo c’era solo un nuovo acquisto, Mancini. Oltre a Pau Lopez il quale sembra – lui sì – un deciso passo in avanti rispetto alla scorsa stagione.

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Gli altri? O in panchina, come Smalling, Veretout e Diawara, oppure dal medico: Spinazzola è disperso, Zappacosta si è rotto nel riscaldamento e chissà per quanto ne avrà. Anche la Lazio in questo derby aveva in campo solo un giocatore di movimento nuovo, Lazzari, ma l’ha inserito in un contesto consolidato perché Inzaghi non ha perso alcun elemento importante, a cominciare da Milinkovic-Savic, mentre la Roma ha visto volare via Manolas, De Rossi ed El Shaarawy.

FONTE    Stefano Agresti  Il Corriere della Sera

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Roma, fatta per Mkhitaryan: alle 10.55 sarà a Fiumicino

L’armeno arriva dall’Arsenal il prestito con diritto di riscatto

Non solo Nikola Kalinic, la Roma batte un altro colpo in attacco. Dopo aver strappato il sì del giocatore, nella notte Gianluca Petrachi ha trovato anche l’accordo con l’Arsenal per il trasferimento in giallorosso di Henrikh Mkhitaryian.

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L’armeno arriva nella capitale in prestito con diritto di riscatto. Il giocatore è già in viaggio da Londra e sarà a Fiumicino alle 10.55 con un volo proveniente da Heathrow.

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Fonseca: “Gara pazza e un inno al calcio”. Mancini: “Il pari è ok”

Il tecnico della Roma: “Perso qualche anno”

“In partite come questa, gli allenatori lasciano in campo anche qualche anno di vita“. Se qualcuno pensava che Paulo Fonseca non sentisse abbastanza l’importanza del derby, sbagliava di grosso, riporta Gianluca Piacentini su Il Corriere della Sera. Il tecnico portoghese ha sofferto in panchina per novanta minuti, e alla fine è uscito dal campo soddisfatto, per il risultato e per il pericolo scampato

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“Per gli amanti del calcio – le parole del tecnico a fine gara – è stata una partita pazza, straordinaria. Per noi è un privilegio partecipare a match come questi, i tifosi sono stati deliziati, i giocatori si sono rispettati in campo e ci sono state molte occasioni da gol”. È finita 1-1 ma sarebbe potuta terminare tranquillamente con un maggiore numero di gol: la Lazio ha colpito 4 pali, la Roma 2. “È stato un derby spettacolare, molto emozionante, bellissimo sugli spalti: per noi tecnici non è facile gestire tutte queste emozioni, ci lasciamo qualche anno di vita in campo. È stata una bella partita, ben giocata, un inno al calcio”.

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Dopo la panchina col Genoa, è arrivato l’esordio da titolare per Gianluca Mancini. L’ex atalantino non ha sfigurato davanti agli attaccanti laziali. “È stato molto faticoso – la sua analisi – anche per il caldo. Siamo alla seconda di campionato, quindi la condizione è da migliorare. Una bella emozione per me, il mio primo derby. Abbiamo sofferto, ma in una partita così ci sta. Lavorare insieme aiuterà noi difensori a migliorarci”.

fonte  Gianluca Piacentini Il Corriere della Sera

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