Lettera ai tifosi della Roma da Jim Pallotta

20190530_0747402082942468.png

Lettera ai tifosi della Roma da Jim Pallotta

Sono rimasto in silenzio nelle ultime settimane, ma ci sono alcune cose che sento di dover affrontare. Che mi crediate o meno, e so che alcuni di voi sono pronti a non prendere in considerazione nulla di ciò che dirò, non penso ci sia stato nessuno, in Società, più deluso, più depresso e più arrabbiato di me per come sono andate le cose alla Roma negli ultimi diciotto mesi.

Mi dispiace per gli errori che abbiamo commesso, uno di questi si è rivelato molto grave a livello sportivo. È stato probabilmente uno dei più grandi errori che abbia mai commesso nella mia intera carriera e alla fine sono io che me ne devo assumere la responsabilità.

È qualcosa che stiamo risolvendo e, per alcuni aspetti, ci vorrà del tempo. Sono sicuro che molti di voi staranno pensando: “Bene, questa storia l’ho già sentita…”. Ma stiamo lavorando duramente per riorganizzare alcune aree del Club, che probabilmente avrebbero dovuto essere prese in esame prima, e per risolvere alcuni problemi, che solo di recente sono giunti alla mia attenzione.

Stiamo lavorando attentamente per ingaggiare persone di talento, che ci aiuteranno a riportare la Roma dove deve stare: ovvero a giocare sui più grandi palcoscenici, a competere per i trofei e a rendere orgogliosi i nostri tifosi.

A coloro che dicono “bla bla bla, abbiamo già sentito questi discorsi in precedenza”, rispondo di essere fermamente convinto che prima di questa stagione, almeno negli ultimi quattro o cinque anni, abbiamo allestito squadre molto competitive e desiderose di vincere.

Ci siamo qualificati con regolarità in Champions League. Abbiamo battuto alcuni record ma non è stato sufficiente per vincere un trofeo. Questo è un mio grande rimpianto, perché alla fine il motivo per cui sono qui è vincere trofei, allestire una squadra e creare un’atmosfera che rendano ovunque orgogliosi i tifosi della Roma.

L’ultima stagione secondo me è stata un completo disastro, ma allo stesso tempo mi risulta difficile accettare l’argomentazione secondo la quale non avremmo provato ad andare oltre i nostri limiti con le risorse che avevamo a disposizione.

Abbiamo investito nella squadra e – indipendentemente da ciò che qualcuno può pensare – i numeri e i fatti parlano da soli. Con i miei investitori, ho versato centinaia di milioni di euro e ho già speso probabilmente quasi novanta milioni di euro in un progetto per lo stadio che avrebbe dovuto essere approvato anni fa: uno stadio che assicurerebbe benefici alla Roma, alla città e al calcio italiano. L’ho già detto un milione di volte: se vogliamo competere con i maggiori club europei, abbiamo bisogno dello stadio.

Se qualcuno pensa che io sia interessato solo a fare soldi con la Roma, non potrebbe commettere errore peggiore. Non ho mai preso uno stipendio. Non ho mai tirato fuori un soldo dalla squadra. Non ricavo nulla dalle cessioni dei giocatori. Non guadagno niente dalle vendite delle maglie da gioco. Non prendo un centesimo. E se la squadra varrà molto di più in futuro, la mia vita non cambierà neanche in minima parte. Sono stato un uomo fortunato e guidato dalla provvidenza. La mia vita non cambierà accumulando più denaro.

Se molti di voi non sono felici per via delle cose che sono accadute, in particolare di recente, lo comprendo. Anche io non sono felice: non sono felice a causa dei risultati sportivi e non sono felice perché non abbiamo ancora uno stadio nonostante l’impianto e le sue infrastrutture saranno finanziati con fondi privati. 

Per quanto riguarda l’articolo pubblicato giovedì su Repubblica, ho letto alcuni passaggi quando mi sono svegliato alle 5 di ieri mattina e li ho definiti “cazzate”. Dopo aver letto tutto il servizio, e dopo aver sostenuto una lunga e assai dettagliata conversazione con uno degli estensori del pezzo, ritengo che alcune parti siano vere e altre parti chiaramente non corrette. Mea culpa.

Alcuni aspetti di questo articolo hanno messo in cattiva luce Daniele De Rossi: non è giusto, perché Daniele per diciotto anni è stato un guerriero per la Roma. Lui merita rispetto e io l’ho sempre rispettato.

Potremmo aver avuto qualche divergenza di opinione su come si è chiusa la sua carriera da giocatore della Roma, ma non intendo affrontare questo aspetto pubblicamente. Questo resta tra me e Daniele.

Daniele era turbato, ma le sue emozioni derivano da quanto tiene e da quanto ha sempre avuto a cuore la Roma. Gioca con il cuore e lo abbiamo visto sul campo con la Roma per diciotto anni e, a livello mondiale, con l’Italia. Esprime i suoi sentimenti nello spogliatoio e questo è quello che lo ha reso un grande Capitano. Io credo fermamente che qualunque cosa Daniele abbia fatto, sia stata sempre per il miglioramento del Club.

Era turbato per il fatto che qualcuno fosse stato acquistato per giocare nella sua posizione come riferito dall’articolo? Sì, lo era, ma ciò è dipeso dal fatto che il giorno precedente gli era stato detto da Monchi che non avremmo preso nessuno che potenzialmente avrebbe giocato davanti a lui nello stesso ruolo.

Pertanto gli è stata detta una bugia e il giorno seguente la sua reazione emotiva è stata quella che è stata.

Il giorno dopo ancora è tornato sui suoi passi e ha detto: “Mi dispiace per il mio sfogo”.

Anche il passaggio secondo il quale Daniele avrebbe preso posizione perché Eusebio Di Francesco fosse esonerato, sulla base di tutte le conversazioni che ho intrattenuto con lui, è falso al 100%. Infatti a dodici partite dalla fine del campionato ho avuto una conversazione telefonica con Daniele, che mi ha personalmente chiesto di continuare con lo stesso allenatore fino al termine della stagione. Quindi, se qualcuno sta insinuando che lui chiedesse l’esonero di Di Francesco, questo non potrebbe essere più lontano dalla verità.

Il mio errore è stato questo: a dicembre avrei voluto operare dei cambiamenti su tutta la linea nell’area sportiva e nella sfera della preparazione atletica ma sono stato convinto a non farlo. Avrei dovuto fare i cambiamenti quando pensavo che fosse giusto farli e quell’indecisione, forse, ci è costata un posto in Champions League.

Se non è stato De Rossi, sono stati quindi Dzeko, Manolas o Kolarov a chiedere che l’allenatore venisse esonerato? No. Non ho mai sentito chiederci da questi giocatori di esonerare Di Francesco. Non sono mai venuti da me, né direttamente né indirettamente.

In passato ho avuto conversazioni dirette con giocatori come Edin, che è stato molto onesto su alcune cose che stavano accadendo e che da professionista non gli piacevano. Faceva quelle valutazioni perché voleva una squadra migliore e io l’ho apprezzato. I giocatori sanno che con me trovano sempre la porta aperta. Sanno che se ci sono problemi io voglio ascoltarli e non ho mai sentito nessuno di loro dire cose cattive su Di Francesco.

Penso che non ci sia dubbio sul fatto che alcune persone esternamente amino le polemiche e vogliano causare problemi a questa squadra. Vogliono che alla Roma vada tutto a puttane. Si preoccupano dei loro obiettivi personali, piuttosto che della squadra o dei veri tifosi. Ed è per questo che continuano a fornire notizie negative ai giornalisti, nel tentativo di sensazionalizzare screzi o problemi ordinari che possono accadere nella quotidianità del Club o dello spogliatoio.

Sono stato coinvolto nel mondo dello sport per molto tempo e questo genere di cose accade in qualsiasi spogliatoio: negli Stati Uniti si verificano senza dubbio in ogni disciplina. Conosco innumerevoli atleti, calciatori e proprietari in tutto il mondo e so che con un gruppo di venticinque ragazzi ci saranno sempre liti, discussioni e persino degli scontri. Sono cose ordinarie nello sport, dal parco giochi alle squadre professionistiche. E sapete una cosa? Questi litigi, discussioni e attriti, nella stragrande maggioranza dei casi, accadono perché le persone hanno fame di ottenere il meglio per il proprio Club.

Nel nostro caso, sembra che la gente stia cercando di mettere dirigenti e calciatori gli uni contro gli altri. Ho sempre avuto scambi costruttivi con Daniele riguardo lo spogliatoio, i giocatori, le cose da migliorare; e lo stesso vale per Francesco Totti. Dire che due ragazzi, con alle spalle una relazione speciale per venti anni, siano in guerra non ha senso. Sono stati in disaccordo? Mio Dio, spero di sì. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è essere circondati da yes man.

Ieri, a proposito, sono stato testimone di quanto stia proseguendo la maturazione di Francesco come dirigente. La sua maturità, le sue intuizioni e la sua competenza, nel confronto con me e con Guido riguardo un potenziale candidato alla panchina, sono state più utili dei consigli di chiunque altro.

Leggo continuamente cose negative su di me e su quello che stiamo cercando di fare a Roma e, a essere onesto, sono deluso se molti tifosi non si rendono conto di quanto io tenga, con passione e coinvolgimento emotivo, a questo Club.

Come ho detto prima, penso che negli ultimi cinque anni circa, prima dell’ultima stagione, abbiamo fatto un buon lavoro, date le restrizioni e le risorse che abbiamo avuto. Non ci piace ma il Financial Fair Play è una realtà per noi e ha condizionato molte delle nostre azioni.

Le persone non vogliono sentirselo dire ma, per un lungo periodo di tempo, ci sono state tante cose da sistemare.

So che alcuni Club non hanno preso sul serio il Financial Fair Play come abbiamo fatto noi, ma è una loro scelta. L’ho segnalato con il Milan un paio di anni fa, quando ho notato cosa stavano facendo e non me ne facevo una ragione. La gente mi ha detto che avevo torto, ma ora sono sotto la lente di ingrandimento per quello che hanno fatto. Non sono, peraltro, l’unico club attualmente sotto inchiesta e che probabilmente sarà punito. Noi non possiamo permetterci di essere in quella posizione o di prenderci simili rischi.

Volevo vendere Salah? No, è lui che ha chiesto di partire con ancora due anni di contratto, per dimostrare di potersi affermare in Premier League. Volevo liberarmi di Alisson? No, ma dovevamo fare i conti con il Financial Fair Play e anche lui voleva andare in una squadra che poteva offrirgli molto di più rispetto a quello che le nostre risorse ci avrebbero permesso.

A volte vendiamo giocatori perché dobbiamo fare i conti con il Financial Fair Play, altre volte lo facciamo perché crediamo di migliorare la squadra. Forse l’effetto non si sarà percepito nell’immediato ma, pensando al futuro del gruppo, abbiamo sempre creduto che fossero tutte cessioni che in quel momento avessero senso.

A volte sbagliamo? Certo, ogni club lo fa.

Abbiamo sbagliato tanto la scorsa estate? Senza dubbio

Il grosso problema nell’ultimo anno non sono state le cessioni, ma gli acquisti. Non c’è dubbio sul fatto che abbiamo preso dei giocatori di altissima qualità. Il problema più grande non riguarda di certo questo o quel calciatore di per sé, ma la scelta degli uomini giusti, in grado di adattarsi al sistema di gioco più congeniale a Di Francesco.

A maggio di un anno fa ho evidenziato a Monchi i problemi e le necessità della Roma.

Monchi mi ha chiesto il 100% del controllo e della fiducia in quanto nostro direttore sportivo. Ripenso ogni giorno alla sessione di mercato della scorsa estate e forse non avrei dovuto lasciargli tutta questa autonomia. Semplicemente la squadra non si adattava bene al gioco di Di Francesco.

Alla fine della sessione di mercato, ho osservato i nostri movimenti e mi sono reso conto che non avrebbero funzionato.

Mi è dispiaciuto moltissimo per la posizione in cui Di Francesco era stato messo.

Quando le cose stavano andando davvero male, lui ci ha comunicato che forse aveva perso il controllo dello spogliatoio e che, se avessimo pensato che per lui fosse ora di andare, se ne sarebbe andato senza fare resistenza. Di Francesco è sempre stata una persona di classe con me. È un gentiluomo. È stato messo in quella che penso sia una posizione difficile lo scorso anno e ha subito un danno collaterale. È qualcosa di cui siamo tutti dispiaciuti.

Cosa penso quando vedo persone che protestano contro di me? Lasciatemelo dire: tutte queste batoste posso prendermele. Quando i risultati non vanno come vorremmo o quando altre squadre vincono o quando prendiamo decisioni calcistiche che alcune persone non condividono, vengo preso di mira come un pungiball quasi ogni giorno e, anche se è stancante, lo accetto.

Quello che non posso accettare, però, e ritengo sia vergognoso e disgustoso, oltre che poco rappresentativo della Roma e dei nostri tifosi, sono le centinaia di persone che hanno insultato le mie sorelle definendole troie, puttane e maiali.

Un altro preso di mira e costantemente attaccato è Franco Baldini: Franco è chiaramente un mio consigliere e confidente da molto tempo e non ha mai fatto nulla a scapito di questo Club. Se pensate che Franco sia coinvolto in tutte le decisioni, allora vi sbagliate di grosso. È evidente che qualcuno stia cercando di creare molti problemi a una persona che, con discrezione, mi ha sempre dato grandi consigli e ci ha aiutato con alcuni dei migliori giocatori che abbiamo nella nostra squadra e con alcune delle più vantaggiose cessioni di questi anni.

Guardando le proteste, sembra che la gente sia convinta del suo coinvolgimento nella decisione sul contratto di Daniele ma non è vero. Franco non ha dato alcun input su Daniele. Questa è una discussione che non ho nemmeno affrontato con lui, perché negli ultimi due anni l’ho portata avanti, sul fronte dei rinnovi dei contratti, con il management.

Tutti dobbiamo assicurarci, al di là che alla gente piaccia o no, di prendere delle decisioni volte a rinforzare la squadra. E non mi riferisco solo a chi gioca sul campo ma anche alle centinaia di dipendenti che abbiamo e agli obiettivi che cerchiamo di raggiungere insieme. Fare una grande squadra, creare una cultura e una tradizione vincente non potrà mai dipendere mai da una sola persona.

Detto questo, è nostro dovere trattare gli individui con il rispetto che meritano. È andato tutto nel verso giusto rispetto alle modalità con le quali ci siamo rapportati con Daniele? No, non penso. La nostra visione era che questa probabilmente sarebbe stata la sua ultima stagione.

Lasciatemi fare un esempio che dimostra quanto questa sia stata una decisione difficile. Diciamo che in squadra abbiamo Daniele e un altro centrocampista difensivo. Abbiamo ventiquattro giocatori in rosa e due centrocampisti difensivi. Cosa succede se, Dio non voglia, alla terza partita della stagione l’altro centrocampista difensivo si rompe una gamba? Che accadrebbe alla squadra?

Daniele ha detto che gli sarebbe piaciuto giocare dieci o quindici partite la prossima stagione. Quindi cosa accadrebbe alla squadra senza la possibilità di acquistare un altro giocatore fino alla riapertura del mercato a gennaio?

È quasi impossibile far salire in prima squadra un ragazzo di diciassette o diciotto anni in uno dei ruoli più delicati in un campionato come la Serie A.

Quindi che facciamo? Se partecipi alla Champions o all’Europa League le partite a settimana sono tre. Emergerebbe un limite a livello fisico come Daniele stesso ha ammesso.

Mi piacerebbe avere Daniele in squadra, ma avendo due giocatori per ruolo, se l’altro si fa male la Roma è fregata. È un ragionamento semplice.

Non puoi arretrare un centrocampista con caratteristiche più offensive: quello è un ruolo troppo specifico. Non puoi farlo. Questa è la nostra logica: è solo realismo. È una decisione di calcio e per la squadra. Non è una questione legata al singolo, nonostante quanto sia grande Daniele. Un grande calciatore e una persona spettacolare.

Daniele è stato molto fedele alla Roma e la Roma è stata molto fedele a Daniele. La gente non può mettere in discussione la nostra fedeltà, perché abbiamo detto: ‘Daniele, ci piacerebbe che tu facessi parte della Roma per il resto della tua vita’. Questo per me è piuttosto leale. Non abbiamo mai detto “Addio, ci si vede, buona vita”.

Vogliamo che Daniele faccia parte di questo Club per sempre e speriamo che questo succeda.

Non essere presente all’ultima partita di Daniele è stata una scelta incredibilmente difficile da prendere. Ma l’ho fatto perché era la sua serata e volevo che nulla distraesse da questo. Se volete contestarmi va bene ma non volevo sottrarre l’attenzione a quella che avrebbe dovuto essere la celebrazione della fantastica carriera in giallorosso di Daniele. E così è stato.

Parlerò con Daniele in privato. Ci siamo scambiati dei messaggi ieri mattina e l’ho invitato a incontrarmi al termine delle sue vacanze per passare un po’ di tempo con me. Se pensate che ci sia del risentimento tra noi e che non ci parleremo vi state sbagliando. Lo stesso vale per Francesco. Ho invitato Francesco e la sua famiglia a venire da me e spero che lo faranno.

So che molte persone pensano ci sia scompiglio nel Club. Ma questo è un pensiero stupido. Ora il top management è ben allineato. Forse qualcuno può essere infastidito dal fatto che noi – Guido, Mauro, io e gli altri – abbiamo preso delle decisioni forti negli ultimi sei mesi per correggere dei problemi. Sono accadute delle cose che non corrispondono al modo con il quale vorrei che questo Club fosse guidato.

È inevitabile che ci saranno dei rancori. Ci saranno persone che parleranno o che diffonderanno voci come se loro fossero a conoscenza di come vanno le cose. La verità è che noi siamo tutti allineati e che abbiamo intenzione di migliorare.

Come sapete, non sono venuto a Roma nell’ultimo anno. Ero così arrabbiato, già da agosto, per come le cose stavano andando che temevo che la mia presenza non sarebbe stata d’aiuto. Questo è stato un grave errore, la prossima stagione ci sarò.

Avrei dovuto essere di più a Roma.

A me sembra chiaro che ci siano alcune persone che sono insoddisfatte perché non potranno mai manipolarmi, minacciarmi o attaccarmi al punto da farmi vendere il Club.  Conosco la storia di quasi tremila anni di Roma e so come funziona. Se qualcuno pensa di farmi scappare, questo non succederà.

Vogliamo costruire qualcosa di grande qui e lo stesso desiderano tutte le persone che operano nel Club ogni giorno. Credo che la maggior parte dei tifosi voglia la medesima cosa.

Abbiamo un gruppo che lavora con straordinaria dedizione e che soffre quando le cose vanno male o quando legge che tutto sarebbe in disordine. È vergognoso che ci sia gente fuori che cerca di manipolare i tifosi contro la Roma e contro di me. Sfortunatamente per loro non andrò da nessuna parte.

A noi interessa solo costruire una Roma grande e vincente: niente e nessuno mi impedirà di perseguire questo obiettivo.

Forza Roma

Jim

img_20190516_1204478480932911248015639.jpg

Sinisa dice sì ai giallorossi. “Ma è laziale”

20190530_0747402082942468.png

– Stringere il cerchio intorno a un allenatore non è cosa semplice e richiederà ancora un po’ di tempo. Perché se la Roma potesse scegliere senza condizionamenti, virerebbe nettamente su Sinisa Mihajlovic. Sì, l’allenatore dal passato laziale. Una scelta che rischia di essere impopolare e che, in questo momento storico, verrebbe letta dalla tifoseria giallorossa come una provocazione. Ma andiamo con ordine: dopo
il no di Gasperini, gli Stati generali romani (Baldissoni, Fienga, Totti) si sono stretti per trovare una soluzione affidabile da mettere
sulla panchina lasciata da Ranieri. Un tecnico di polso, adatto caratterialmente a gestire spogliatoio e comunicazione. E, stringendo il cerchio, i nomi rimasti sembrano essere quelli di Gattuso, De Zerbi e, appunto, Mihajlovic.

L’arrivo di quest’ultimo — che ha preso tempo con il Bologna, intenzionato a trattenerlo — è caldeggiato da Petrachi, nuovo ds (in attesa di nomina) della Roma. I due hanno un legame molto forte, dopo i due anni passati a lavorare insieme al Torino. Il dirigente lo considera il tecnico migliore tra quelli prendibili: per tempra, personalità e modalità con cui prepara e manda in campo la squadra. In attesa di capire se Sarri andrà alla Juventus (resta altrimenti una promessa fatta a Baldini), la Roma considera Sinisa una scelta credibile, ma vuole capire come il popolo giallorosso prenderebbe il suo arrivo.

Non bene, la risposta arrivata ieri, tra radio private e social colorati di giallorosso (e anche quelli laziali, che vedrebbero come un tradimento la scelta del serbo). I romanisti, provati dall’allontanamento dal campo di De Rossi e da una stagione deludente, sono quasi increduli di fronte a un’ipotesi che creerebbe ulteriori malumori e contestazioni a Pallotta, ai minimi storici come popolarità. Mihajlovic sembrerebbe ben disposto e pronto ad accettare, forte anche dei buoni rapporti con Totti, che proverebbe a proteggerlo di fronte alla piazza. Come detto, gli altri nomi sono quelli di Gattuso e De Zerbi, ma piace anche Fonseca, dello Shakhtar, che però percepisce 5 milioni a stagione. Si dovrebbe comunque arrivare alla prossima settimana prima di una scelta definitiva, perché questa volta la Roma non può permettersi passi falsi e vuole essere pienamente convinta di una scelta che andrà poi difesa e supportata. «Mihajlovic alla Roma? Vedremo, lì stanno cercando un allenatore», l’apertura di Pastorello, manager del tecnico. Fatto il nuovo tecnico, chiunque sarà, ci si concentrerà sul mercato, cercando di accelerare i tempi di cessioni e arrivi per farsi trovare pronti ai preliminari d’Europa League di fine luglio.

FONTE    LA REPUBBLICA – FERRAZZA

img_20190531_1023372922296445609414125.jpg

Caos Roma, Di Francesco difende i senatori. “Sono gli stessi che ci hanno portato in semifinale”

20190530_0747402082942468.png

L’ex tecnico torna a parlare a quasi 3 mesi dall’esonero

La bomba lanciata su Trigoria da “Repubblica” ieri continua a far discutere. Tra le parole dette e quelle sussurrate dai diretti interessati, ci sono anche quelle dell’ex tecnico Eusebio Di Francesco, una delle teste che, secondo la ricostruzione dell’inchiesta, dovevano cadere sotto i colpi dei senatori. Con la solita eleganze e un velo di malinconia, a tre mesi dall’esonero, Di Francesco difende i suoi ex giocatori: “I senatori sono gli stessi che ci hanno portato in semifinale” ha detto a La Gazzetta dello Sport.

20190211_222944383785197.png

Caos Roma, Baldini: “Chi ha fatto questo vuole il male del club”

20190530_0747402082942468.png

Le parole del consulente di Pallotta: “Sapevo che avrei dovuto “accolarmi” anche questa”

Per molti è l’artefice del disastro giallorosso. Franco Baldini vive tra Londra e Cape Town le vicende di casa Roma, tra un’accusa e una richiesta dei tifosi di farsi vedere e metterci la faccia. Molti lo vorrebbero lontano dal club. Ma Pallotta si fida di lui. E dopo l’inchiesta di Repubblica, il suo nome è tornato sulla bocca dei critici. Queste le sue parole in merito: “Chi ha fatto questo, oltre ad essere la peggior persona possibile ed immaginabile, vuole solo il male della Roma – dice a Il Romanista -. Non si rischiarano le acque rimestando sul fondo. Per quanto io possa essere stupido, davvero non ce la faccio ad esserlo così tanto da non sapere che avrei dovuto “accollarmi” pure questa”.

FONTE  IL ROMANISTA

screenshot_2018-07-28-09-12-56_1_1736252210.jpg

San Paolo, Cuca (allenatore): “Bruno Peres può lasciare il club nei prossimi giorni”

20190530_0747402082942468.png

Il terzino è ancora di proprietà della Roma, che lo aveva ceduto in prestito con opzione di riscatto in favore del club brasiliano

Dopo la sconfitta con il Bahia e conseguente eliminazione agli ottavi di finale di Coppa del Brasile, l’allenatore del São Paulo Cuca, ha parlato della situazione di alcuni giocatori e del loro futuro. Tra questi anche Bruno Peres. Le sue parole: “Atleti come Bruno Peres, Jucilei e forse Nenê sono alcuni dei nomi che possono lasciare il club nei prossimi giorni”. Il terzino si è trasferito in Brasile con la formula del prestito e diritto di riscatto.

img_20190531_1147474538688827111144096.jpg

Mercato Roma, accordo per Berardi. Defrel può tornare

20190530_0747402082942468.png

I giallorossi sarebbero vicini all’acquisto dell’esterno. La Samp chiede lo sconto per il francese

Quella tra la Roma e Domenico Berardi è una storia che non vuole finire. Dopo essersi inseguiti per molto tempo, con Di Francesco che spingeva per averlo a disposizione già da due stagioni, potrebbe davvero essere arrivato il momento del passaggio in giallorosso. Secondo TuttoSport, Roma e Sassuolo sarebbero d’accordo sul trasferimento.
Per quanto riguarda la situazione Gregoire Defrel, in prestito alla Sampdoria con diritto di riscatto, la Roma chiede i 13 milioni dell’accordo, non un centesimo in meno. I blucerchiati puntano invece ad abbassare il prezzo.

img_20190531_1141055100496137811713705.jpg

Cambia l’identikit: salgono Fonseca e Mihajlovic

20190530_0747402082942468.png

 – (…) Pur tenendo la rosa ancora abbastanza larga, per questo a Trigoria stanno prendendo corpo due profili abbastanza differenti tra di loro, che però possano riuscire nello scopo di far voltare pagina. Primo identikit: carattere forte, impermeabilità alle polemiche, capacità di lavorare sodo sul campo e di galvanizzare lo spogliatoio quando occorre. Più o meno la pista che potrebbe portare a Sinisa Mihajlovic. (…) Mihajlovic si sente sicuro del fatto suo, forte per domare i mugugni iniziali e conquistare l’ambiente, dando un’anima ad una squadra presumibilmente giovane e sicuramente di corsa. Tutto questo, forte del buon rapporto con Totti e avendo le spalle larghe per ignorare l’ultima bufera.

Il secondo profilo, invece, potrebbe essere di segno diametralmente opposto. Ovvero, così lontano dalla realtà romana da potersi permettere il lusso d’ignorare completamente tutto quello che è avvenuto fino a questo momento. Questa pista porta a Paulo Fonseca, il portoghese che da anni è alla guida dello Shakhtar Donetsk, con cui si è tolto diverso soddisfazioni praticando un buon calcio. Il club ucraino è disposto a liberarlo (…)
Tutto questo non significa che le alternative siano meno stimate. Vengono seguiti con grande interesse Roberto De Zerbi, Marco Giampaolo e Rino Gattuso, tutti e tre in grado di produrre calcio e far crescere i giovani. Il loro problema, eventualmente, è quello di doversi inserire in un ambiente difficile come quello della Roma nel peggiore dei momenti, con i tifosi sul piede di guerra contro la proprietà e la dirigenza. (…)

FONTE  GAZZETTA DELLO SPORT

img_20190531_1023372922296445609414125.jpg

 

La Roma è a un passo dal chiudere la trattativa con Paulo Fonseca

20190530_0747402082942468.png

 – Secondo quanto appreso da insideroma.com, la Roma è a un passo dall’accordo con Paulo Fonseca, attuale allenatore dello Shakhtar Donetsk. Fonti vicine alla trattativa, ascoltate dalla nostra redazione, asseriscono che la società abbia ormai individuato il tecnico per la prossima stagione dopo i rifiuti di Conte e Gasperini, contattati in precedenza. Il portoghese, già accostato ai giallorossi nei giorni scorsi, è una delle figure indicate da Franco Baldini, consigliere di James Pallotta. 

Dopo la carriera da calciatore, Fonseca intraprende quella di allenatore nel 2005. Il 10 giugno 2013 sostituisce Vítor Pereira sulla panchina del Porto e per lui inizia la prima esperienza con un grande club. Coi Dragõesvince il suo primo trofeo da allenatore, ovvero la Supercoppa di Portogallo. Il 31 maggio 2016 viene ufficializzato il suo ingaggio dallo Shakhtar Donetsk, con cui vince tre campionati, tre coppe nazionali e una Supercoppa ucraina. Lo scorso anno incontra la Roma di Di Francesco agli ottavi di finale di Champions League. Dopo il successo casalingo per 2-1, viene eliminata allo Stadio Olimpico, con la sconfitta sancita dalla rete di Dzeko.

Proprio nella giornata di ieri, il presidente dello Shakhtar Donetsk, Rinat Akhmetov, ha rilasciato un’intervista a Velylyi Futbol parlando proprio del tecnico portoghese e del suo futuro: 

“Paulo è un allenatore giovane, ambizioso e altamente qualificato. Se i migliori club in Europa e nel mondo si interessano a lui significa che ha buone idee, e questo è un bene sia per Paulo che per il nostro club”.

Se un grande club europeo si interessa a Fonseca, sei pronto a lasciarlo andare? 

“Sì, naturalmente. Questa è la nostra buona reputazione. In precedenza, se un giocatore veniva da me, non lo vendevo a nessuno, non lo regalavo. E quando ho iniziato a lasciare andare i giocatori, abbiamo vinto molto di più. Questa esperienza è stata molto utile. Lo stesso vale per lo staff tecnico. Inoltre, c’è un accordo morale nel caso qualcuno si interessi. Qualcuno è interessato di sicuro a Paulo. È un bravo specialista e una persona decente. È venuto qui, in un altro paese, ha vinto tre campionati e tre coppe, più una Supercoppa. Questo merita un enorme applauso”.

img_20190531_1007188699534948289863854.jpg

L’amarezza di Totti e la telefonata a De Rossi: “Hanno giocato sporco”. “È tutto falso”

20190530_0747402082942468.png

 – Dov’eravamo rimasti? A quell’abbraccio a centrocampo e ad una Roma che ronza sempre nei loro pensieri. Tra le prime telefonate che sono giunte ieri in Giappone a Daniele De Rossi c’è stata la sua, quella di Francesco Totti. Poche parole, che hanno sintetizzato lo sconcerto di un tandem che in 18 anni di convivenza nello spogliatoio ha avuto inevitabili frizioni, che però non hanno intaccato il loro affetto di fondo. «Hanno giocato sporco», ha detto Francesco a Daniele – che nega tutto –, sapendo che alcune «verità» si colorano a seconda del contesto in cui vengono raccontate. E così entrambi concordano su due dati di fondo che non sono sfuggiti a nessuno di coloro che seguono la Roma. 1) È noto che Totti da due anni chieda di avere un vero potere decisionale, ma finora è rimasto soprattutto a guardare. Un esempio su tutti: in questa stagione ci sono state due riunioni plenarie ai massimi livelli: a Londra ad ottobre e a Boston a marzo. Ebbene, in nessuna delle due l’ex capitano è stato presente. Impressioni? Poco logico affidare a Totti il ruolo decisivo nella scelta di mandare via il coordinatore medico Del Vescovo e il capo dei fisioterapisti Stefanini. Postilla: ieri quest’ultimo ha affermato due concetti chiave: «De Rossi è un professionista esemplare e non ha deciso Totti il mio allontanamento». 2) Alla luce della ricostruzione di «Repubblica» De Rossi apparirebbe come un personaggio che ha condizionato in negativo la stagione della Roma, che alla fine ha perso circa sessanta milioni per il mancato accesso alla Champions. E come si tiene questa considerazione – sulla carta evidente alla proprietà – col fatto che solo un paio di settimane fa, oltre ad offrirgli un nuovo contratto a gettone – gli hanno proposto di diventare vice ceo del club? Inspiegabile dare un ruolo a uno così «pericoloso». Ecco, di questo e altro hanno parlato ieri i due capitani. E se Daniele – tentato dalla querela e contattato anche dai dirigenti – deve ancora decidere del suo futuro, Totti aspetta solo che la proprietà dia fede alle promesse e lo nomini direttore tecnico, magari contestualmente alla investitura di Petrachi come d.s. A quel punto toccherà a Francesco incidere, sperando di non farsi zavorrare dagli strascichi che questa storia potrebbe avere anche su di lui. Ma nella vita, a volte, si diventa grandi anche passando attraverso le bufere.

FONTE    GAZZETTA DELLO SPORT – CECCHINI

img_20190528_1110378382836157519392766.jpg

Fronde, veleni e liti? Pallotta difende la Roma: “Manovra per colpirci”

img_20190515_2130334637133028806092766.jpg

 – In mattinata, un comunicato aveva provato a spegnere le fiamme. «Repubblica» scriveva che di De Rossi che guidava la rivolta anti-Totti, parte di squadra e staff contro Di Francesco, Morchi «narcisista», squali pronti a prendere la società e così via? Il club rispondeva di «prendere le distanze dalla ricostruzione» e di «non ritenere attendibile trasformare in fatti eventuali opinioni espresse da terzi, e riportate a terzi, delineando in questo modo un quadro distorto e totalmente distante dalla realtà». Ma se queste parole sono apparse stoccate di fioretto (e Monchi si è limitato a dire: «Non ne so nulla di questa storia»), ad impugnare la sciabola ci ha pensato il presidente Pallotta, che così si è sfogato.. «Sono tutte stupidaggini, qualcuno sta provando a danneggiare la Roma con continue bugie. C’è gente che vuole il caos. Adesso comincerò a fare pulizia». Parole dure quelle del massimo dirigente giallorosso, che preannunciano un’estate di fuoco per parecchi. Inutile nasconderlo, Pallotta si sente sotto attacco. E a far virare il suo umore verso il basso non sono stati solo i risultati sportivi, molto al di sotto delle aspettative. C’è anche dell’altro, visto che sente volare sopra alla società parecchi avvoltoi che stanno approfittando del momento negativo.

Voci societarie

Non è un mistero che il numero uno della Roma da tempo si affanni a smentire qualsiasi ipotesi di cessione del pacchetto di maggioranza, mentre nota invece come il nome della Roma sia sempre associato a paesi arabi che dovrebbero portare la società verso «leopardiane magnifiche sorti e progressive» che potrebbero fare da specchietto per allodole agli occhi dei tifosi. Non basta. Anche il via libero per lo stadio continua a slittare, nonostante l’ottimismo presidenziale lo porti a immaginare che entro l’estate il Comune possa dare il via libera.

Ricostruzione

Alla luce di tutto questo, è naturale che vedere descritta la gestione di Trigoria come fuori controllo non gli fa piacere, perché da anni ha piazzato uomini di fiducia in tutti i settori, tra i quali appunto quell’Ed Lippie, estensore della famosa mail finita nelle mani di «Repubblica». Ecco, la pulizia probabilmente comincerà proprio da lì, perché l’intendimento dell’uomo el presidente non era certo raccontare un tutti contro tutti, ma provare soprattutto a spiegare come mai una rosa che lo stesso Pallotta ad agosto aveva definito «la più forte della sua gestione», sia finita in questo modo. Troppi infortuni, troppe scelte di mercato sbagliato, troppo deteriorato il feeling con Monchi. Ma se a questo si aggiungono ricostruzioni che descrivono il capitano della squadra teso a fare i suoi interessi (la diatriba per l’arrivo di Nzonzi), pronto ad aizzare i senatori contro l’allenatore (sul gioco proposto da Di Francesco) e in gradi di mettere sotto i piedi anche l’amicizia con Totti, allora per il presidente la misura è colma, anche perché De Rossi voleva fare vice Ceo. Perciò occorrerà fare la voce grossa e cercare di scovare anche chi ha fatto parlare male della Roma. Solo a questo punto – tra nuovo allenatore e nuova dirigenza – si potrà ricominciare la ricostruzione. Avviso ai naviganti: ben presto (forse oggi stesso) il presidente fornirà la sua interpretazione dei fatti e renderà note alcune linee guida del prossimo futuro. Certo, anche ieri Roma si è rivoltata contro di lui e Baldini a suon di nuovi striscioni, ma non c’è nessuna intenzione di gettare la spugna.

DiFra e i suoi senatori

I titoli di coda è doveroso lasciarli a Eusebio Di Francesco, che sulla presunta fronda dei senatori contro di lui ha replicato con un sorriso: «Sono gli stessi ragazzi che mi hanno portato in semifinale di Champions un anno fa». Già. Eppure mai come adesso pare che sia passato un secolo.

FONTE    GAZZETTA DELLO SPORT – CECCHINI 

screenshot_2018-10-13-12-26-14_1-1289122224.jpg

Bonini, Repubblica: “Mi ha colpito la lacerazione simbolica tra Totti e De Rossi”

20190530_0747402082942468.png

Carlo Bonini, giornalista de La Repubblica e autore dell’inchiesta “La rivolta di De Rossi e tre senatori contro Totti”, è stato intervistato da Tele Radio Stereo proprio in merito al suo articolo scritto a 4 mani con Marco Mensurati. Queste le sue dichiarazioni:

Alla luce di tutto questo, la Roma è consapevole di questa vicenda. Come mai la società propone a De Rossi un ruolo dirigenziale? 
“Quello che ho capito è che le società di calcio, come succede non solo a Roma ma basti pensare all’Inter, cercano finché possibile di tenere tutti i pezzi assieme anche se questi sono diventati cocci. Ho avuto la sensazione che la società abbia cercato di ricomporre un quadro che si era fortemente incrinato. Non ho le registrazioni dei colloqui che Ed Lippie scrive di aver avuto con Tizio o Caio, questo sia chiaro, però di solito le vicende di spogliatoio si dice che debbano rimanere lì ma poi finiscono per corrodere tante cose. Dopo questa vicenda mi sono sembrati più chiari alcuni passaggi avvenuti durante la stagione, come l’allontanamento da Trigoria di Di Francesco insieme a Stefanini. Mi ha colpito molto l’episodio della rissa nello spogliatoio tra Dzeko ed El Shaarawy a Ferrara, mi ha colpito che Dzeko fosse già d’accordo con l’Inter, il nervosismo di Kolarov… tutte cose che riviste a valle ora mi danno un’altra impressione”.

Ci sarà la replica di qualche protagonista?
“Francamente non lo so perché non sono nella testa della società. Per quello che ti posso dire sono tranquillo perché rispetto ai fatti che ho raccontato sono in grado di rispondere a qualunque replica sui fatti. Se qualcuno mi chiede ‘perché l’hai scritto oggi?’ non è un fatto ma un’opinione”.

Perché scrivete da Siviglia?
“Abbiamo viaggiato parecchio per mettere insieme tutti questi pezzi e alla fine abbiamo deciso di mettere quella città ma non c’è un motivo particolare. Le città in cui siamo stati sono state più d’una”.

Alcuni ascoltatori ci chiedono dell’email, se è vero che ce l’avete…
“Non ci saremmo mai avventurati in una storia del genere senza avere più che contezza del documento chiave”.

Le dichiarazioni di De Rossi sul “vi faccio arrivare decimi”
“Non è presente nell’email, come si evince anche dall’articolo. Ci viene riferita da più di una persona a cui De Rossi fece questo sfogo, sono fonti diverse e ognuna sganciata dall’altra. Certificano il fatto che in quel momento Daniele De Rossi era molto arrabbiato dell’acquisto di Nzonzi e non fece mistero della sua insoddisfazione”.

Qual è l’informazione o il passaggio che ti ha colpito di più?
“La cosa che francamente mi ha sorpreso è la lacerazione anche simbolica che a un certo punto avviene dentro lo spogliatoio tra De Rossi e Totti. È una cosa che mi ha sorpreso, è come se due anime diverse di Roma, della tifoseria, si fossero divise. L’altra è come in tutta questa vicenda la sensazione che i calciatori della Roma abbiano a un certo punto messo da parte quello che dovrebbe essere il bene supremo, il bene della squadra. La Roma, intendo il club e i tifosi, sono stati un po’ sfruttati. Come se ognuno avesse deciso di pensare innanzitutto a se stesso e credo che questa città non lo meriti”.

fonte   teleradiostereo

IMG_20190122_100153.jpg

Chi è la talpa del retroscena di De Rossi e i tre senatori che vogliono Totti fuori?

20190530_0747402082942468.png

– Oggi Carlo Bonini e Marco Mensurati su Repubblica parlano di un carteggio tra Ed Lippie e James Pallotta, rispettivamente ex capo dei preparatori atletici e proprietario dell’A.S. Roma, che getterebbe, secondo le intenzioni, una luce inquietante sui rapporti interni alla società giallorossa. La notizia, secondo l’anticipazione pubblicata dal sito, è che “De Rossi e altri 3 senatori volevano Totti via dalla Roma”. Come vedremo, il racconto della storia invece ci dice molto altro. Tutto parte dal racconto di questa scena immortalata dalle telecamere il giorno dell’addio di De Rossi alla Roma. “Io non volevo”, dice uno dei due all’altro e le interpretazioni univoche: si parla del modo – incredibilmente negativo dal punto di vista dell’immagine – con cui la società ha gestito la (propria) decisione di non rinnovare il contratto al suo capitano. Secondo Bonini e Mensurati quella frase si spiega proprio leggendo il carteggio tra Lippie e Pallotta. Si parla di una lettera inviata il 16 dicembre in cui le “fonti” del preparatore sostengono:

I quattro “senatori”, che cita — De Rossi, Kolarov, Dzeko e Manolas — ritengono il gioco di Di Francesco dissennato, dispendioso sul piano della corsa ma misero su quello della tattica. Lamentano l’indebolimento della squadra. Il tecnico – dicono da Roma – è in preda alla nevrosi dovuta al rammarico di aver accettato da Monchi un mercato inadatto al suo 4-3-3. Circondato da uno staff non all’altezza, vittima della sua stessa presunzione di riuscire ad “adattare” calciatori non compatibili col suo gioco.

La prima cosa che viene in mente leggendo la frase è che le fonti non saranno facili da individuare, perché quello che rivelano è ciò che pensano tutti i tifosi della Roma. Il gioco di Di Francesco ha portato spesso la squadra a prendere rischi inutili e pagarne le conseguenze (l’ultima trasferta a Cagliari, quando gli avversari pareggiarono in nove grazie a un “buco” di Manolas e alla difesa alta), la squadra è stata oggettivamente indebolita negli ultimi due mercati (a casa Salah, Alisson – che si giocano la finale di CL tra poco – Nainggolan, Strootman venduto a mercato italiano chiuso; i rimpiazzi li avete visti tutti…). Se lo staff non è all’altezza, poi, la questione si fa ancora più drammatica per i dirigenti che hanno gestito l’A.S. Roma, perché è stato Di Francesco a volere i suoi preparatori e a far chiudere il rapporto con Lippie, l’autore della lettera. Poi si passa alle accuse a Monchi:

Già, Monchi. Lippie scrive che a Trigoria è visto come il fumo negli occhi. Lo vivono come un narcisista che ha riempito la squadra di giocatori per i quali vincere o perdere è la stessa cosa. Gli rimproverano doppiezza nei rapporti, insofferenza nei confronti dei giocatori di seconda fascia, capacità manipolatorie nelle informazioni in uscita da Trigoria e un mercato che non è passato attraverso una corretta due diligence.

E anche qui, che gli vuoi dire alle povere fonti, oltre che c’hanno ragione? Ma andiamo al dunque, cioè a Totti:

E tuttavia è l’ultima delle informazioni che Lippie scrive al presidente quella che prefigura la catastrofe. Se le fonti dell’ex preparatore dicono il vero la squadra soffre la presenza di Totti nel suo nuovo ruolo di dirigente. Le percezioni negative che trasmette allo spogliatoio. L’ottavo re di Roma, il suo figlio prediletto, è mal tollerato — così scrive Lippie — da coloro a cui ha consegnato il testimone e che pubblicamente non smettono di celebrarlo. Le fonti di Lippie chiedono che l’ex “Capitano” venga allontanato da Trigoria se necessario cacciando Di Francesco cui Totti è legatissimo. E sostituendolo con qualcuno che lo tenga lontano.

Ora, attenzione: rileggete il titolo di Repubblica che si trova in copertina e quello sul sito: si parla di una rivolta di De Rossi e di tre senatori. Nella frase che leggete qui si dice che la squadra non vuole Totti senza accusare precisamente nessuno. Non è strano? No che non lo è. Perché dopo vengono svelate le tre fonti:

Ed Lippie svela quindi l’identità delle sue fonti. Sono il medico sociale Riccardo Del Vescovo e il fisioterapista Damiano Stefanini. Indica in particolare Del Vescovo come il più convinto che la Roma debba essere “detottizzata”.

Oh, avete visto chi è il più convinto che la Roma debba essere detottizzata? Il fisioterapista. Ma perché allora nel titolo c’è De Rossi?

Nell’articolo si racconta di come, dopo questa lettera, Monchi abbia rassegnato le dimissioni che sono state respinte; poi Di Francesco viene mandato via in seguito al ko di CL e il direttore sportivo, che qui ha fatto molti più danni della grandine pur avendo una schiera di leccaculo che fino all’ultimo lo ha difeso con audacia e sprezzo del ridicolo, che finalmente prende cappello. Vengono cacciate anche le “fonti” di Lippie, ovvero quelli che da raffinati insider dicevano le stesse cose che dicevano tutti i tifosi della Roma dotati del dono della vista.

E questa vicenda dimostra anche qualcosa. Precisamente, dimostra che il pesce puzza dalla testa. E’ infatti evidente anche a un cieco che l’inquadramento della notizia serve alla società A.S. Roma di rispondere alle contestazioni che sono scoppiate in tutta la città dopo che un nutrito gruppo di incapaci è riuscito a portare in dodici mesi una squadra dalla semifinale di Champions League alle qualificazioni in Europa League.

Il nutrito gruppo di incapaci non sono i giocatori, ma i dirigenti. Perché se in campo ci vanno i giocatori, chi li sceglie strapagandoli è il responsabile della cazzata. In ogni azienda, come direbbe Fienga, sono i dirigenti i responsabili delle scelte. Invece questo articolo sposta l’attenzione (nel titolo) su De Rossi e cerca di indicare nei personaggi che hanno lasciato la società i responsabili della stagione della disfatta.

Facile pensare che se è colpa loro, non può essere colpa, ad esempio, del tizio che ha preso Pastore regalandogli uno stipendio monstre per fargli giocare 10 partite. E soprattutto, del tizio che ha detto che il dirigente era un genio. Se è colpa degli altri, non è colpa del dirigente che ha preso Karsdop nonostante fosse infortunato a una cifra incredibile per un terzino e poi ha scoperto che il calciatore non era in grado di giocare per un anno. Se è colpa degli altri, non è colpa del tizio che pensava di sostituire Salah con Schick. E soprattutto, non è colpa del presidente che ha scelto quel tizio (Monchi) e di qualche eventuale genio della dirigenza sportiva attualmente prestato al golf che gliel’ha suggerito (Baldini).

Ricapitolando: la proprietà (con i relativi consiglieri) è in cerca di capri espiatori che gli consentano di incolpare qualcun altro dell’oggettivo depauperamento della squadra. Oggi è uscito un articolo che nel titolo dice una cosa e nel testo ne dice un’altra. E la cosa divertente è che ci saranno migliaia di persone che oggi a Roma accuseranno l’Ambiente Romano per i risultati della squadra. Invece, come abbiamo visto, i risultati sono frutto degli incredibili errori dei dirigenti. E il resto sono chiacchiere da bar. C’è gente che viene pagata per dire che è colpa dei tifosi, e vabbeh, quando si viene pagati bisogna fare il proprio lavoro. Il brutto è che c’è pure gente che lo fa gratis.

fonte      NEXTQUOTIDIANO.IT – NERI

img_20190515_1059172706367232969809040.jpg

Così De Rossi e altri 3 senatori volevano Totti via dalla Roma

20190530_0747402082942468.png

Una inchiesta di Repubblica svela come DDR, Dzeko, Manolas e Kolarov volessero far cadere l’ex tecnico Di Francesco, l’ex ds Monchi e il simbolo più rappresentativo della storia del club

I contenuti di una mail interna alla società possono aiutare a capire bene il contesto e i retroscena del turbolento tra addio Daniele De Rossi e l’As Roma, scrivono Carlo Bonini e Marco Mensurati su La Repubblica .

Nel documento, datato 16 dicembre 2018, un uomo di fiducia di James Pallotta racconta al suo presidente di come lo spogliatoio o almeno parte di esso chieda alla proprietà di far cadere tre teste: quella dell’allenatore Eusebio Di Francesco, quella del direttore sportivo Monchi, e quella dell’ottavo Re di Roma, Francesco Totti.

Si citano, come fonti, i senatori Edin Dzeko, Kostas Manolas, Alexander Kolarov e Daniele De Rossi. Dall’inchiesta, Repubblica ha avuto accesso a fonti dirette e carteggi interni alla società, emerge uno spaccato inquietante che getta una nuova luce sui rapporti tra i due capitani e, soprattutto, documenta un grumo di ricatti e trame di spogliatoio che dice molto non solo della Roma e di Roma, ma anche del doppiofondo del calcio professionistico.

Del peso politico dei club, degli appetiti che suscita, degli strumenti non ortodossi per conquistarlo. Del ruolo dei campioni e delle bandiere.

E’ una storia che comincia a metà agosto del 2018. L’estate è gonfia di attese. I conti della società sono a posto. Il fatturato ha toccato i 250 milioni di euro, patrimonio dei calciatori a libro supera i 200 milioni che di fatto raddoppiavano a valore di mercato. Sono stati rispeati i paletti del fair play finanziario.

Sono state fatte cessioni dolorose: Alisson, Nainggolan, ma l’ultimo acquisto fatto, il campione del mondo Nzonzi viene accolto come un grande colpo. Non la pensa così De Rossi che ritiene quell’acquisto un avviso di sfratto e, come raccontano tre diverse fonti, chiede, anche attraverso il suo agente, la rescissione del contratto. Daniele in un momento di collera, avvisa la dirigenza: “Se non risolviamo  la cosa vi faccio arrivare decimi”. Lo strappo viene ricucito. Ma quello scricchiolio è il prologo di quanto accadrà nell’arco di soli quattro mesi.

La prima parte della stagione è ricca di altri pessimi presagi. La Roma cade in casa del Bologna, subisce rimonte inspiegabili del Chievo all’Olimpico e del Cagliari alla Sardegna Arena. La tengo a galla la vittoria nel derby e la qualificazione agli ottavi di Champions. Ma qualcosa si è rotto tra l’allenatore e la squadra, tra la squadra e la società.

Ed Lippie svela quindi l’identità delle sue fonti. Sono il medico sociale Riccardo Del Vescovo e il fisioterapista Damiano Stefanini. Indica in particolare Del Vescovo come il più convinto che la Roma debba essere “detottizzata”. Pallotta trasecola

Monchi, Totti e l’intera struttura societaria, a partire dall’allora dg Mauro Baldissoni e dal media strategist Guido Fienga, vengono informati della mail. Monchi rassegna le dimissioni (che vengono respinte). Per Totti quel racconto è una ferita profonda. Occorre mettere mano dentro lo spogliatoio – dice alla società – e bisogna cominciare proprio dal medico e dal fisioterapista; le cose non potranno che andare peggio. In quel momento, però, la Roma si deve ancora giocare tutti i traguardi di stagione e Monchi e Di Francesco sconsigliano di aprire una crisi che terremoterebbe la squadra.

Si sceglie la via di sempre: metterci una pezza. E rimandare il redde rationem con senatori e whistleblowers. La società chiede a Monchi un piano b. La possibilità, se la situazione sportiva dovesse precipitare, di immaginare un nuovo allenatore. Monchi il piano b non lo ha. Anzi, rilancia: «Se va via Di Francesco vado via anch’io». Pallotta e i suoi soci fanno la sola cosa nella loro disponibilità. Ridistribuiscono le deleghe e nominano ceo Guido Fienga un uomo con una lunga esperienza in finanza. A Baldissoni va la vice presidenza, per portare a casa il progetto vitale per la crescita del club: il nuovo stadio. La squadra intanto entra in un tunnel da cui non uscirà più. Subisce una rimonta con l’Atalanta, l’umiliazione dell’ennesimo 7-1, in Coppa Italia a Firenze, e perde male il derby. Di Francesco chiede alla società di essere mandato via se questo può risolvere quel conflitto sordo con lo spogliatoio che ormai è un segreto di Pulcinella. Ma gli ottavi di Champions sono vicini: la doppia sfida col Porto è l’ultima chiamata.

FONTE    Carlo Bonini e Marco Mensurati

img_20190528_1110378382836157519392766.jpg

Anche Gasperini salta e si riparte da Pellegrini

img_20190515_2130334637133028806092766.jpg

– Un altro allenatore che sfuma. Cosa resta della Roma? Un cumulo di detriti lasciati dalla disastrosa gestione sportiva degli ultimi 12 mesi: un patrimonio di calciatori esausti e impossibili da riproporre, da Nzonzi a Pastore, costosissime illusioni evaporate col sole dell’estate, e Dzeko o Manolas, eroi della semifinale Champions di un anno fa, oggi a fine ciclo. La Roma illusa da Conte e rimasta delusa pure da Gasperini: l’Atalanta ha fatto tutto ciò che serviva per tenerlo, accontentandone le richieste. E oggi per la Roma è tutto da rifare. Una lista esiste, segretissima, con opzioni anche all’estero.

Ma a Trigoria forse è meglio ripartire dalle certezze. Una su tutte: Lorenzo Pellegrini. II migliore dei giallorossi nel giorno dei saluti a De Rossi, una delle migliori sorprese della stagione. Al punto che l’Inter era convinta di esercitare la clausola per po-tarlo a Milano: 30 milioni da pagare in due rate da 15, operazione eccellente per assicurarsi uno dei migliori classe ’96 in Italia. A fermare un affare che avrebbe fatto felicissimo Antonio Conte, e stato lo stesso Pellegrini: «Voglio restare alla Roma». Questa la sentenza del ragazzo: troppo legato alla squadra per cui ha sempre fatto il tifo e troppo forte la delusione della mancata qualificazione alla prossima Champions Leagueper andarsene così. Per questo la decisione di proseguire, senza battere cassa, solo candidandosi a un posto sempre più stabile nel centrocampo giallorosso dopo l’exploit di quest’anno che ha convinto pure Ranieri, secondo cui Pellegrini, oggi, è il miglior centrocampista in Italia.

20190524_082726674839895.png

Chi il contratto dovrà invece rinnovarlo è Zaniolo. La Roma è disposta ad arrivare fino a 1,2 milioni di euro annui, molti di più dei 270 mila euro che percepisce oggi, ma meno dei quasi 2,5 milioni che si aspettava il suo agente. In ogni caso, nonostante proposte in arrivo, la Roma vuole tenerlo ad ogni costo per farne uno dei punti di riferimento per il prossimo futuro.Orientamento che invece non riguarda Kolarov: lui aveva fatto sapere di voler restare, ma l’opera di rinnovamento “ambientale” coinvolgerà anche il serbo. Come De Rossi, Dzeko e Manolas, vecchia guardia ai ferri cortissimi con la dirigenza attuale dopo una serie di episodi avvenuti nel corso della stagione. Per Kolarov prende con po’ quindi l’ipotesi della rescissione consensuale del contratto, in scadenza altrimenti tra un anno, condizione che gli consentirebbe di tornare alla Stella Rossa, la sua squadra del cuore. Per sostituirlo, già certo il rientro di Luca Pellegrini dal Cagliari, dove ha acquisito esperienza di Serie A con continuità. Al ds Petrachi — lui dal Torino dovrebbe liberarsi, alla fine — il compito di costruire intorno ai giovani una rosa da Champions.

fonte    REPUBBLICA  – PINCI 

img_20190529_1150526351730847118177419.jpg

Gasperini resta all’Atalanta. Adesso la Roma punta De Zerbi

img_20190515_2130334637133028806092766.jpg

– Il caffè bevuto da Gasperini e Percassi ha reso la Roma nervosa. Altro due di picche (dopo Conte) incassato, ricerca di un’anima gemella per la panchina giallorossa ritornata al punto di partenza: l’Atalanta non ha liberato il suo alchimista ieri e non lo libererà, a meno di improbabili colpi di scena, nemmeno oggi, quando il presidente e l’allenatore si rivedranno di nuovo. Non per parlare o per un altro caffè, ma addirittura per allungare il loro connubio, con un contratto nuovo di zecca e cospicuo aumento dell’ingaggio, fino al 2022. «Sono fiducioso», l’unica frase scappata di bocca a Percassi, pronunciata con un sorriso che era tutto in programma, all’uscita dall’appuntamento che ha ricucito il legame tra i due artefici del miracolo della Championsatalantina.

Parole pubbliche, accompagnate da altre più dettagliate in privato, che a Trigoria, Boston e Londra, tre dei vari centri di potere romanista, hanno fatto calare il sipario sul piano di una rivoluzione affidata a Gasperini, che pure aveva dato un suo assenso di massima per un triennale a 2,5 milioni più bonus, e avviato le manovre per l’ennesimo piano alternativo.

20190524_082726674839895.png

Il nome più in voga nelle ultime ore è quello di Roberto De Zerbi: l’unico ostacolo (superabile), al netto delle valutazioni della Roma, sarebbe rappresentato da ancora un anno di contratto con il Sassuolo. Con Sarri e Allegri chimere apparentemente irraggiungibili, restano in lizza Giampaolo (non ancora contattato), Gattuso (libero da ieri e nelle mire di Lazio e di club esteri) e anche Mihajlovic(che ha momentaneamente messo in stand-by il Bologna).

FONTE    LA STAMPA – DE SANTIS

img_20190529_1136053556279575464742970.jpg

Salah e Alisson vogliono DDR in Premier

img_20190515_2130334637133028806092766.jpg

– Non sembrano voler finire le manifestazioni d’affetto per De Rossi. Dopo quelle arrivate da mezzo mondo del calcio, ieri l’ormai ex capitano giallo-rosso ha ricevuto il saluto del giovane Riccardi, di Bonucci, di Bruno Conti e quello di Salah («E’ una leggenda del calcio, un grande amico.

20190524_082726674839895.png

E uno dei migliori con cui abbia giocato, mi piacerebbe giocare ancora con lui») eAlisson («Un grandissimo, mi dispiace che vada via dalla Roma, è un simbolo della città e della squadra»), che sabato si giocheranno la Champions. Nel frattempo prosegue il pressing di Burdissoper DDR al Boca: «E’ un amico, ci parlo ogni giorno, ha sempre mostrato la volontà di venire. Nei prossimi giorni parleremo».

FONTE    IL TEMPO – BIAFORA 

img_20190529_1129282016562405354244576.jpg